venerdì 15 luglio 2011

FIRENZE: NON TUTTI SANNO CHE...


Ogni venerdì tante nuove curiosità sulla città di Firenze



Il Palio dei Barberi: di Lemuele Burton


Il gioco è sempre piaciuto ai fiorentini, probabilmente nel loro DNA è rimasto fin dai tempi degli Etruschi che in guerra ci sono andati solo quando ci sono stati costretti e tirati per i capelli, e che alle gioie della conquista hanno sempre preferito quelle del divertimento e della buona tavola.
I fiorentini hanno sempre giocato ed esportato i loro giochi e sport.
Pare che l’odierno Football e Rugby sia derivati dal Gioco del Calcio che si giocava in quel della città del Fiore fin dal V secolo, così come il Golf e il Cricket hanno la loro origine dall’antico gioco del Maglio. Anche le corse dei cavalli hanno sempre entusiasmato i toscani in generale, vedi il Palio di Siena e la Giostra del Saracino ad Arezzo, ancora oggi in auge, e i fiorentini in particolare che nell’arco dell’anno organizzavano diverse corse con varie modalità, tra cui il Palio dei Barberi.


La partenza dei cavalli si chiamava “la Mossa”, vocabolo mantenuto tuttora nel Palio di Siena. Il Palio dei Barberi prendeva il “Via”, cioè “la Mossa”, dal ponte sul Mugnone, e i cavalli percorrevano per prima la via che ancora oggi ne conserva il nome, Via del Ponte alle Mosse, attraversavano “il Prato”, proseguivano per l’attuale Borgo Ognissanti, correvano per il Mercato Vecchio, fin a giungere in… indovinate un po’, in via del Corso, che proprio da quegli eventi prende il nome, per concludere la competizione all’arco di S. Pier Maggiore.Matteo Villani fa risalire l’origine della corsa fin dal 405, per la festa di Santa Reparata, l’8 ottobre, nel giorno in cui Radagasio e i suoi barbari furono sconfitti alle porte di Firenze da Stilicone. Anche Dante Alighieri ne parla nella Divina Commedia per bocca del suo trisavolo Cacciaguida:

«Li antichi miei e io nacqui nel loco dove si truova pria l'ultimo sestoda quel che corre il nostro annual gioco.» (Paradiso XXVI, 40-42)

Si hanno notizie di diversi Palii corsi al di fuori di Firenze, per spavalderia in occasioni di guerre e assedi, Pisa, Arezzo, Gargonza, con lo scopo di mostrare la forza, la potenza e la ricchezza dei fiorentini, in modo da minare la resistenza del nemico. Il premio era costituito da un drappo, un Palio appunto, prima di velluto, in seguito di broccato, lungo 5 metri, rosso decorato con il giglio fiorentino in argento dorato e la croce rossa in campo bianco simbolo del popolo. Dal 1387 fu decretato che fosse bordato con pellicce pregiate, di solito ermellino bianco, e il costo degli ornamenti aumentò fino a far raggiungere al Palio il notevole valore di 600 fiorini. Nel 1459 fu stabilita una cifra massima di valore di 350 fiorini.


Il nome “barbero” deriva dall’origine dei cavalli usati nella corsa, antenati degli odierni purosangue, che provenivano dalla Barberia, o dal Marocco.
Alcuni modi di dire provenienti dalla corsa sono ancora usati dal popolino di Firenze, ad esempio:“Correre come un barbero”, oppure “Pare che l’abbia il Palio addosso” parlando di una persona vestita con eccessiva ricchezza.
L’ultima corsa dei Barberi fu disputata nel 1858, poco dopo finiva anche il granducato.



Tra i tanti “Palii” che si correvano a Firenze dal 1200 in poi accenno anche a quello più goliardico e meno serio, cioè quello dell’Università dei Tintori, che partiva dal Canto degli Alberti per giungere fino alla Torre della Zecca, percorrendo e dando il nome a quello che allora si chiamava borgo e oggi Corso de’ Tintori. Il percorso era breve, ma i cavalli che gareggiavano erano quelli usati dalle botteghe dei tintori per portare i panni tinti a sciacquare in Arno ed erano i più malridotti che fosse possibile trovare a Firenze. Il primo Palio fu completamente bianco, i successivi scarlatti e fatti a spese di tutti i maestri dell’Arte. 

venerdì 8 luglio 2011

FIRENZE: NON TUTTI SANNO CHE...


Ogni venerdì tante nuove curiosità sulla città di Firenze


E c'entra come i'culo con le Quarantore!!

Chi è fiorentino doc, o ne è originario o ci ha comunque vissuto per un buon periodo di tempo avrà sicuramente udito almeno una volta la famosa citazione: "Icchè c'entra i'culo con le quarantore?!" oppure "c'entra come i'culo con le Quarantore!"
Si tratta, come spesso accade nella goliardica Firenze, di un'affermazione ironica nel commentare una situazione in cui due cose non c'entrano niente l'una con l'altra. 

Non tutti però sanno che l'origine di questo modo di dire tutto fiorentino è attribuita ad un incidente avvenuto in una chiesa durante la pratica conosciuta con il nome di Quarantore

La "Quarantore" è un'antica forma di esposizione eucaristica, molto praticata a partire dal tardo Medioevo, che si richiama in particolare alle 40 ore che il Signore passò nel sepolcro.

Si racconta che in una chiesa gremita di fedeli, una donna avvenente e formosa, si sentì palpare il didietro in maniera molto affettuosa da qualcuno che le era vicino durante la pratica eucaristica. La signora, risentita per quel vile gesto, si girò di scatto verso il colpevole il quale cercò di spiegarle più a gesti che a parole che lo aveva fatto senza malizia, non volendo, a causa dell'immane calca e del pigia pigia che si era venuto a creare.
Sembra che l'uomo si discolpò bisbigliando:"E son le Quarantore!"
Al che l'onesta popolana ribattè indignata e a voce concitata:"E icchè c'entra i'culo con le Quarantore?!" (trad.cosa c'entra il culo con le Quarantore?!) E dal suo punto di vista non aveva tutti i torti!


Il rituale del palpeggiamento sembra che fosse molto comune durante le celebrazioni delle feste fiorentine, come nel caso della Pasqua fiorentina, (giorno dello scoppio del carro e del volo propiziatorio della colombina), tanto da dare origine a scherzosi sonetti come quello di Dino Fazzini del 1928 intitolato "Lo scoppio di' carro" che illustra molto bene come la mattina di Pasqua per i fiorentini costituisse un momento eccezionale ed allo stesso tempo un'incredibile occasione per chi, approfittando della ressa, volesse allungare le mani per apprezzare le grazie delle nostre concittadine.

sabato 2 luglio 2011

miss Copacabana 2011, Flò Firenze


Giovedì 30 Giugno, nella suggestiva terrazza del Flò lounge bar di Firenze è stata eletta miss Copacabana 2011. Scelta tra 10 bellissime clienti dello store, la numero 9 Elisa, sarà la nuova testimionial per la collezione A/I 2011/12.


Foto, Claudio Canneti

venerdì 1 luglio 2011

FIRENZE: NON TUTTI SANNO CHE...


Ogni venerdì tante nuove curiosità sulla città di Firenze


Piazza della Passera: di Lemuele Burton


Cito da un comunicato dell'ufficio stampa di Palazzo Vecchio:
FIRENZE: PIAZZA DELLA PASSERA SI CHIAMERÀ COSÌ ANCHE UFFICIALMENTE
Lo ha deciso la commissione toponomastica che Piazza della Passera ora è ufficialmente un toponimo del Comune di Firenze. La commissione toponomastica, riunita stamani alla presenza dell'assessore Eugenio Giani, ha dato il via libera (12 voti a favore, 2 contrari e 2 astenuti) alla nuova denominazione della piazza che sta all'intersezione fra va dello Sprone e via dei Vellutini e che era identificata come Canto ai Quattro Leoni.
"Ho voluto che fosse inserito all'ordine del giorno della commissione - ha spiegato l'assessore Giani - questa questione che da anni, faceva discutere. Di fatto, ma non ufficialmente, per tutti i fiorentini questo luogo dell'Oltrarno era noto proprio come Piazza della Passera...".


Quel piccolo, caratteristico angolo di Firenze, che si apre nei pressi di Palazzo Pitti, ornato anche da una gran bella fontana, è stato per secoli chiamato Piazza della Passera da tutti i fiorentini, senza tuttavia aver mai avuto l'onore di assurgere nella toponomastica ufficiale, almeno fino ad adesso.
Forse perché quel nome, da sussurrarsi tra amici con aria di complicità, suscitava sensazioni pruriginose, tanto che, si dice, abbia preso il nome dall'abitudine di Cosimo I di sollazzarsi, frequentando i bordelli della zona.

Piazza della Passera, però veniva così chiamata già secoli prima dei Medici; la sua è una storia ben più antica, più nobile, e anche più poetica, sebbene in senso tragico. Vediamo quindi, attingendo tra storia e leggenda alle lezioni di Piero Bargellini, qual è l'origine più probabile del toponimo.

Correva l'anno 1348 e Firenze da pochi anni si era liberata dal giogo del tiranno Gualtieri di Brenne, detto il Duca d'Atene. Qualcuno di voi non sa chi fosse? Nessuno, spero. Però per sicurezza ne faremo argomento di una prossima chiacchierata.

Bene in quel rione popolare di Firenze, prossimo alla zona di Santo Spirito, risiedevano all'epoca buona parte dei “Giudei” fiorentini, questo molto prima che fosse costruito il ghetto che occupò nel 1600 una larga fetta della zona del Mercato Vecchio, ora Piazza della Repubblica.
Essi animavano la zona con i loro mercati, tanto che ancora oggi dai nomi delle strade possiamo dedurne l'attività medioevale.

Via dello Sprone, che dà appunto origine a piazza della Passera, si chiamava allora Via della Tromba, proprio dagli strumenti usati dai mercanti per attirare i potenziali clienti, e lì si incrociano anche Via de' Ramaglianti, venditori e riparatori di oggetti in rame, Via de' Velluti e via de' Vellutini, riferiti chiaramente ai venditori di tessuti. I ragazzini all'epoca amavano giocare per strada ed erano vivaci e spensierati come quelli di adesso, ma, come quelli di adesso sapevano essere dolcissimi verso gli animali in difficoltà. Trovarono un giorno in quel luogo una passerottina stremata e morente, e generosamente, aiutati anche dagli abitanti del rione, tentarono di salvarla. 
La passera morì, ma non fu per la fame, o per la sassata di qualche piccolo monello. Morì di peste che da lì si propagò per tutta la città diventando una delle epidemie più devastanti del medioevo fiorentino, descritta anche da Messer Giovanni Boccaccio nel Decamerone, causando 40.000 morti su 96.000 che erano allora gli abitanti della città.

LA LAPIDE DI PIAZZA DELLA PASSERA 
La bella lapide che potete ammirare nelle immagini di questa pagina, fu realizzata qualche anno fa da un grande fiorentino, cantante, poeta e colto studioso di musica: Riccardo Marasco, che insieme ad alcuni bravi artigiani della zona la pose sulla piazza nel corso di un memorabile concerto. 

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